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La battaglia

La posizione geografica della battaglia



Il ricongiungimento delle forze della Lega Santa
Don Giovanni d'Austria imbarcato sulla nave ammiraglia La Reàl, fu messo al comando delle forze occidentali su richiesta di Filippo II, suo fratellastro. Le navi dell'alleanza partirono da Barcellona, Genova, Roma, Venezia, Malta, Corfù e Creta per incontrarsi a Messina. Il 17 Settembre 1571 la flotta occidentale contava più di 270 navi (di cui 209 galee, 6 galeazze e 70 fregate, oltre ad un naviglio minore) sulle quali vi erano imbarcati circa 28.000 uomini di cui 8.000 mercenari Greci. Contando i rematori e il resto del personale d'assistenza la somma totale delle risorse umane, secondo il parere si alcuni storici, ammontava a circa 70.000 uomini.
La coalizione dell'Impero ottomano
Alla notizia del ricongiungimento della flotta della Lega Santa, il Sultano Selim II rispose con la creazione di una flotta ancora più grande. La forza navale degli Ottomani era costituita dalla flotta (ottomana) che partecipò alla campagna di Cipro nel 1570 e dalle forze alleate dal Cairo e Algeri. La somma delle loro navi raggiungeva le 328 unità, di cui 208 erano galee ottomane, 56 erano galeotte e 64 navi appartenevano al naviglio minore. Al comando vi era Muezzinzade Alì Pascià imbarcato sulla nave ammiraglia “Sultana”. La maggior parte della flotta ottomana era inizialmente concentrata a Corfù e presso le antistanti coste albanesi, dove rimase durante tutto il mese d'Agosto. Tuttavia verso la fine dell'estate, vedendo che l'eventualità di uno scontro si allontanava, gli Ottomani diressero la flotta verso Lepanto.
 

Lo svolgimento della battaglia

Spionaggio
Quando la flotta delle forze alleate era a Messina, l'operazione militare stava quasi per saltare a causa di alcuni avvenimenti. Il clima morale era teso tra gli uomini a bordo e spesso succedevano risse e assassinii. Inoltre le malattie contribuivano alle morti mentre il ritardo generale creava dubbi rispetto alla realizzazione della missione. Nel frattempo l'ottomano Kara Hodja ebbe l'opportunità di avvicinarsi durante la notte alla flotta occidentale allo scopo di contare le navi. La sua nave di colore nero passò inosservata dato che l'ammiraglio del Papa, Marcantonio Colonna, aveva ordinato di dipingere le sue navi di nero a dimostrazione del lutto per la recente perdita di sua figlia. Tuttavia Kara Hodja non vide un'ala della flotta ormeggiata più in là per cui riferì informazioni errate. La flotta delle forze alleate salpò da Messina il 16 Settembre ma rimase bloccata a Crotone a causa della forte Tramontana (vento da Nord), dopodiché si diresse verso Corfù dove si credeva stanziasse la flotta ottomana che invece era già partita per il “forte” di Lepanto. Il 26 Settembre le forze della Lega Santa arrivarono a Corfù, mentre Gil de Andrade fu mandato di segreto a Lepanto per valutare le forze ottomani. L'opinione prevalente era che ormai fosse troppo tardi per ingaggiare uno scontro aperto e che sarebbe stato meglio attaccare le coste albanesi per poi ritornare in Italia. La decisione finale di iniziare la battaglia fu presa da don Giovanni d'Austria con il consiglio del suo fidato, Romegas, Cavaliere di Malta. Anche nello schieramento nemico vi era la tendenza di evitare la battaglia, tuttavia al consiglio militare che ebbe luogo la sera del 4 di Ottobre si decise che se gli occidentali avessero attaccato, gli ottomani sarebbero passati al contrattacco.
La disposizione degli schieramenti
Durante la notte del 6 Ottobre del 1571, la flotta ottomana salpò dal porto di Lepanto allo scopo di intercettare la flotta della Lega Santa. Le forze ottomane si schierarono davanti all'imboccatura del golfo di Patrasso, chiudendo alle forze occidentali la strada verso la base navale di Lepanto. Contemporaneamente la flotta occidentale, che aveva fatto l'ultimo scalo a Cefalonia, iniziò i preparativi per assumere la formazione di battaglia. La mattina del 7 Ottobre le due flotte si trovarono davanti all'imboccatura del golfo di Patrasso, al Sud di capo Scrofa, l'una di fronte all'altra ed entrambe disposte a schieramento lineare, con le ali settentrionali che arrivavano sino alle isolette Cuciularis. Don Giovanni, che si occupava dello schieramento di battaglia, ordinò le forze occidentali in tre ali, ponendo due galeazze davanti ad ognuna. Presso l'ala sinistra (Nord) si posizionarono la galee veneziane comandate da Agostino Barbarigo, che aveva l'arduo compito di contenere le galeotte ottomane. L'ala centrale fu composta dalle galee spagnole comandate da don Giovanni, mentre all'ala destra vi erano la flotta pontificia e i Genovesi. Nella retroguardia si posizionò l'ammiraglio Santa Cruz con 35 navi veneziane e spagnole.
Le manovre strategiche
ll'inizio della battaglia l'ala destra della flotta ottomana comandata dall'ammiraglio Algerino Mehmed Suluk, si mise in movimento con lo scopo di impegnare lo schieramento sinistro delle forze occidentali. Durante questa operazione le forze ottomane tentarono di evitare le galeazze, che avevano superiorità d'armamento, penetrando all'interno della formazione. Tuttavia in questo modo le navi ottomane si isolarono dal resto della flotta e finirono per scontrarsi con le più grandi galee di Barbarigo venendo inoltre affondate delle galeazze veneziane dell'ala sinistra. Nonostante i gravi danni subiti in termini di risorse umane a causa del fuoco degli arcieri Turchi, la flotta occidentale riuscì a contenere la penetrazione e quindi l'accerchiamento delle navi ottomane che sarebbe stato molto più disastroso. Resesi conto della situazione, i corsari Ottomani si volsero a conquistare la nave ammiraglia di Barbarigo contro cui mossero 5 navi. In aiuto di Barbarigo, ferito da una freccia all'occhio, arrivarono le galee veneziane che respinsero le navi corsare verso la costa rocciosa. Inoltre una sommossa dei cristiani che combattevano per gli Ottomani con riluttanza causò grossi danni all'ala sinistra della flotta ottomana. Presso gli schieramenti centrali dei due contingenti lo scontro era feroce. Le galee turche cercarono di conquistare la nave ammiraglia di don Giovanni mandando inizialmente 5 galee turche con dei gianizzeri a bordo. La nave ammiraglia di don Giovanni riuscì ad affondarne tre mentre le forze di riserva riuscirono a limitare il continuo fuoco di sbarramento effettuato dai cannoni e gli archibugi ottomani. Le 50 navi dell'ala destra (Sud) delle forze occidentali comandate da Gianandrea Doria non fu coinvolta in questi scontri. Doria, alla vista delle 90 navi comandate dall'ammiraglio Algerino Uluç Alì, si diresse verso Sud, offrendo in questa maniera maggior spazio alla flotta turca. Le navi ottomane, approfittando di questo, si lanciarono in un aggressivo assalto contro le galee veneziane conquistandone 5. Tuttavia quando le forze algerine conquistarono anche la nave ammiraglia dell'Ordine dei Cavalieri di Malta uccidendo tutti quelli che erano a bordo, Uluç Alì si rese conto che per lo schieramento centrale ottomano la battaglia sembrava persa.
L'esito della battaglia
Dall'altro lato la nave ammiraglia “Sultana” si trovò di fronte la nave ammiraglia “La Reàl” a bordo della quale vi era don Giovanni d'Austria. Le due navi si affiancarono e di seguito ebbe luogo un combattimento corpo a corpo. L'ammiraglio degli Ottomani, Muezzinzade Alì Pascià, morì colpito alla testa da una pallotolla. Gli Spagnoli lo decapitarono ed ne esposero la testa infilzata ad un palo con lo scopo di scoraggiare la sua flotta, mettendo anche in mostra lo stendardo sacro del Califfo che avevano conquistato. Alla vista della bandiera della nave ammiraglia a mezz'asta e appreso della morte di Alì Pascià, si aggiunse il contrattacco delle galee occidentali dell'ala centrale contro Uluç Alì che, prevedendo l'esito della battaglia, diresse le proprie navi verso il lato meridionale dell'imboccatura del golfo di Patrasso, scappò nel Mar Ionio e infine riuscì a tornare a Costantinopoli con la propria ala quasi completa.